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La salma di Benedetto XVI è stata sottoposta, così come quelle dei suoi predecessori, alla tanatoprassi. COSA VUOL DIRE ?

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Le salme trattate con tale tecnica possono essere conservate dai 10 ai 15 giorni prima della sepoltura, rimanendo intatte in qualsiasi tipo di ambiente. È pratica diffusa quella di conservare post-mortem il corpo dei pontefici per permetterne la successiva esposizione

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L'esperto di tanatoprassi che si è occupato del Papa Emerito è Andrea Fantozzi, originario di Capistrello (l'Aquila), massimo esperto in Italia della Tanatoprassi, Presidente e fondatore dell'A.I.T. (Associazione Italiana di Tanatoprassi), e dell'I.N.I.T. (Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi).

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Andrea Fantozzi aveva preparato così anche le spoglie di Papa Giovanni Paolo II. "Il nostro - spiega all'ANSA - è un trattamento che consente di avere una cura altamente igienica, nonché di garantire un aspetto più presentabile dei corpi". Tecnicamente la tanatoprassi consiste nell'iniezione nel circuito sanguigno della salma di un prodotto innovativo dal nome Fluytan. Si tratta di un sostituto dell'ormai vetusta formalina che - stando a quanto riferito dallo stesso Fantozzi - "presenta caratteristiche tossiche e cancerogene".

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"Con il nostro nuovo sistema, totalmente innocuo - aggiunge -, riusciamo anche a conservare meglio il Dna. Per questo la tanatoprassi presenta benefici anche nel settore della medicina legale e della polizia scientifica". Grazie a questo trattamento, dunque, è possibile mantenere le salme esposte per più giorni, come capita in questi giorni con la camera ardente del papa Emerito, Joseph Ratzinger, sul quale con ogni probabilità è stata effettuata una procedura meno invasiva, "forse non intravasale", come puntualizza Fantozzi.

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Il procedimento con cui la tradizione vuole si trattino le salme dei Pontefici, in Italia "non ha ancora un riconoscimento giuridico". "Al momento - spiega Fantozzi - viene utilizzata solo in casi eccezionali. Noi in particolare lavoriamo molto sugli stranieri che muoiono in Italia in attesa del rimpatrio nei loro rispettivi Paesi".

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Al momento è possibile effettuare un trattamento meno invasivo ed uno con l'iniezione del fluido nel corpo. "In questo modo, contrariamente a quanto avveniva con la formalina - conclude Fantozzi - non c'è neanche la necessità di recuperare tutto il sangue, come avveniva prima".

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