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Il tallone di Achille dell’Autonomia Differenziata è l’incostituzionalità

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Non ci vuole un dottorato in diritto costituzionale per capire che l’impianto giuridico dell’Autonomia Differenziata è una selva di violazioni della Carta Costituzionale, impossibile da attuare specialmente sul terreno della gestione delle risorse.


Cionondimeno, fino ad oggi, pur a fronte di dubbi e qualche incidente velocemente insabbiato, come l’analisi del Servizio Bilancio del Senato, che appunto ne metteva in discussione lo scorso maggio l’insostenibilità finanziaria e il conseguente rischio di vulnerare il principio di equità ed eguaglianza dei diritti dei cittadini, ha potuto continuare senza troppe scosse il suo iter.
Però si tratta di una barca che galleggia grazie ad una enorme bolla d’aria, ma con grandi buchi nella carena, priva di vela e senza motore, inevitabilmente destinata ad affondare appena evaporerà la bolla di bugie, falsità e irreparabili anticostituzionalità che la caratterizzano.
Ad aiutare a fare chiarezza, hanno senz’altro contribuito le dimissioni dal Comitato per l’individuazione dei LEP e del fabbisogno di quattro dei suoi più autorevoli componenti, che ne hanno rilevato appunto l’incostituzionalità, con la violazione in merito proprio al rispetto dei termini sanciti per garantire in tutto il territorio nazionale i diritti civili e sociali a tutti gli italiani e nella esigenza di eliminare, o quanto meno ridurre, le distanze tra regioni ricche e fragili del Paese.
I quattro saggi Amato, Bassanini, Gallo e Pajno, ritengono che non solo l’impostazione della legge non consente di adempiere a tali fondamentali obiettivi, ma anche che le modalità per stabilire i costi dei LEP non prevedono meccanismi per valutare una definizione puntuale del costo degli stessi, tale da assicurare standard adeguati anche nei territori che oggi ne sono sprovvisti e, conseguentemente, della definizione dei maggiori costi che, appunto, non sono previsti.
Ma, soprattutto, secondo i quattro dimissionari, rimangono irrisolti alcuni problemi di fondo come l’incoerenza di consentire alle commissioni paritetiche regionali il diritto di decidere i nuovi LEP, e i relativi costi standard, materia per materia e con il solo vincolo della disponibilità delle risorse erariali nel proprio territorio, senza che prima venga costruito l’itero complesso dei LEP per i diritti civili e sociali in tutta Italia, onde evitare il rischio dell’esaurimento delle risorse a disposizione.
Inoltre eccepiscono l’inconcepibile esclusione del Parlamento nel ruolo centrale che gli compete, come organo di elaborazione dei costi standard dei LEP.
Una esclusione del Parlamento che viola l’art. 117 lett. m) della Costituzione (competenza legislativa esclusiva), ma anche perché spettano al Parlamento – e non alle commissioni paritetiche regionali – le decisioni sulla allocazione delle risorse pubbliche.
Fin qui le corrette valutazioni dei quattro dimissionari che danno uno spaccato ben preciso alla incostituzionalità del disegno di legge sull’Autonomia Differenziata, ma nei fatti c’è molto di più.
Infatti, oltre alla citata violazione degli art. 116 e 117, secondo comma lett. m) della Costituzione, risultano ulteriori violazioni gravi della Carta Costituzionale, tra cui quella dell’art. 117, comma 2 lettera e) che sancisce la legislazione esclusiva dello Stato in merito alla perequazione delle risorse finanziarie; nonché quella ancora più inaccettabile, dell’art. 119, comma 3 e cioè l’eliminazione di fatto del Fondo Perequativo.
Quest’ultima violazione, in pratica sostituisce il Fondo Perequativo con le parole “Misure Perequative”, ricorrendo dunque a una locuzione generica, peraltro riportata solo nel titolo dell’articolo 9 del ddl Calderoli, che di fatto elimina ogni forma di solidarietà delle regioni ricche nei confronti delle regioni fragili, anche perché prevede di “perequare” attraverso l’individuazione dei Fondi strutturali dell’Unione Europea e quelli della coesione nazionale, da sempre già disponibili per le regioni fragili. Quindi una perequazione inesistente, ma con l’aggravante di un aumento della platea che fino ad oggi ha avuto accesso a tali risorse, per l’estensione alle regioni fragili del Centro e del Nord.
Insomma una legge fortemente anticostituzionale, che viola le norme di corretta gestione della contabilità pubblica, laddove non prevede alcun monitoraggio dei flussi finanziari Stato-Regioni, man mano che le commissioni paritetiche delibereranno in merito ai nuovi LEP e stabiliranno in maniera autonoma e arbitraria, unicamente in base alle rispettive disponibilità erariali, i nuovi costi standard, il cui effetto sarà il veloce prosciugamento delle disponibilità finanziarie dello Stato, che verrà inevitabilmente svilito nel suo ruolo e, con esso, ogni principio di reale valore patriottico a discapito della stessa Unità Nazionale.
Ecco perché è fondamentale fermare questo disegno di legge e puntare ad una sua profonda modifica, con l’introduzione di criteri di equilibrio, monitoraggio, perequazione e garanzia di sostanziale parità dei LEP e dei costi standard per tutti gli italiani, nel rigoroso rispetto delle norme costituzionali.

On. Nicola Bono
Presidente di Europa Nazione

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